INTRODUZIONE L'ARCO DI GIANO n° 70 - 2011

               
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Psicologia ed economia della felicità:
verso un cambiamento dell'agire politico


70 inverno 2011


 

Il titolo e il contenuto di questo libro prendono origine da un congresso internazionale promosso dalla Scuola di Specializzazione in Psicologia della Salute dell'Università di Roma La Sapienza, con il patrocinio del Comune di Roma, di cui al momento ero vicesindaco.
Si deve a Mario Bertini -promotore del congresso- la decisione di non perdere il valore dei contributi presentati, e il conseguente invito ai partecipanti di rivedere e aggiornare i rispettivi testi.
Sono ben lieta di accettare la sua richiesta di ospitare questo importante lavoro nella serie L'Arco di Giano, per due motivi sostanziali. Anzitutto, la convinzione che il cambiamento negli orizzonti dell'economia e della politica, oggi da tutti auspicato, possa trovare un significativo sostegno all'apertura delle sorgenti più avanzate delle scienze umane. Il valore dei partecipanti, a partire dal premio Nobel Daniel Kahneman, fonda questo auspicio. Inoltre, mi sembra particolarmente coerente inserire questo volume come numero unico della Rivista, da sempre orientata alla promozione dell'interdisciplinarietà. Una caratteristica particolare di questo libro, rispetto ad altre iniziative analoghe, è proprio il tentativo di coinvolgere direttamente nel dibattito, non solo psicologi ed economisti, ma anche i protagonisti della politica. Senza entrare nei dettagli, quanto emerge dai testi è una riflessione a più voci sul concetto di benessere/ felicità dei cittadini, come obiettivo centrale dell'economia e dell'agire politico.
Nella storia del pensiero umano, la tensione verso la felicità si segnala come aspirazione centrale di ogni singola persona e come obiettivo implicito dell' agire politico a favore della collettività. Questo tema sta registrando un evidente crescente interesse nella cultura contemporanea. Fra i motivi di varia natura che lo giustificano, c'è la consapevolezza, empiricamente documentata, che all'aumento della ricchezza, almeno nei Paesi ad economia avanzata, non corrisponde un parallelo aumento del ben-essere soggettivo. È inoltre diffusa la sensazione che la crescita economica, con le sue caratteristiche attuali, possa minacciare non solo la qualità della vita individuale ma anche la salute del pianeta. È, quindi, alle porte un possibile cambiamento di paradigma che, partendo dalla crisi degli indicatori classici di sviluppo, rigidamente ancorati a criteri di produzione materiale (il famoso PIL), solleciti la ricerca di indicatori aggiuntivi, più autenticamente in grado di registrare e promuovere la qualità della vita di ogni singolo individuo, l'armonia della convivenza umana e del rapporto con l'ambiente. Da qui l'esigenza di un impegno congiunto e approfondito delle scienze economiche, da una parte, e psicosociali dall'altra. A queste ultime, da tempo orientate allo studio della patologia e del malessere, si richiede oggi un grande impegno innovativo per lo studio positivo del ben-essere. Nella difficoltà evidente di procedere lungo la linea del cambiamento, appare, infatti, appropriato il tentativo di avviare un colloquio costruttivo fra chi, sul piano scientifico, s'impegna ad individuare le caratteristiche e i determinanti del benessere-qualità della vita, e chi è chiamato a valutare priorità, possibilità attuative e potenzialità, nella gestione concreta dell'agenda politica.
Mi sembra opportuno sottolineare che l'insufficienza del PIL a rappresentare l'obiettivo del ben-essere non sia più un tema riservato ai massimalisti dell'ecologia, ma si costituisca come oggetto di profondo interesse ai livelli più alti della politica internazionale. Lo dimostrano, per esempio, le iniziative importanti promosse dall'OCSE, o quelle della Commissione Sarkozy, coordinata dai Premi Nobel Joseph Stiglitz e Amartya Sen, che mettono in evidenza, con chiarezza, i limiti del PIL, col proposito di studiare la possibilità di integrare questo indicatore con altri più inclini a valutare il progresso sociale.
Vorrei augurarmi che la lettura di questo numero de L'Arco di Giano possa offrire un contributo alla comune, quanto difficile, tensione al cambiamento.

di Mariapia Garavaglia

 

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