EDITORIALE L'ARCO DI GIANO n° 72 - 2012

           
freccetta INDICE freccetta EDITORIALE freccetta AUTORI




La malattia come storia.
Narrative Based Medicine

N° 72 - estate 2012


 

Il dossier di questo numero è dedicato al tema della medicina narrativa, un termine e un concetto di introduzione relativamente recente in medicina e, forse proprio per questo, non adeguatamente compreso.

Infatti quando ci si accosta per la prima volta a tale modalità di approccio sanitario vi sono due errori nei quali frequentemente si incorre. Il primo è quello di confondere tale metodica di approccio clinico con la soggettualità medica in ambito letterario o iconografico, cioè con rappresentazioni, eventi, storie, immagini che abbiano per soggetto il mondo della medicina fatto di medici, infermieri, ospedali, malati, malattie, ecc. In tal senso potrebbe ritenersi medicina narrativa “La cittadella” di Cronin o “Il Malato immaginario” di Molière ma anche la “Lezione di anatomia” di Rembrandt o la serie televisiva del dr. House.

Un secondo errore è quello di snobbarla, con una certa aria di sufficienza, ritenendola una sorta di enfatizzazione della tradizionale anamnesi, magari un pò più attenta e prolungata. In tal senso si affermerebbe che, in fondo, è quello che si è sempre fatto, che ogni medico deve essere anche un po' psicologo, che il paziente vuole essere ascoltato, ecc.

Indubbiamente c'è del vero sia nella prima che nella seconda concezione. La proiezione narrativa di racconti che abbiano per oggetto il mondo della medicina ha un suo spazio nella medicina narrativa, ma è un ruolo didattico o, per meglio dire, pedagogico. Come pure la tradizionale anamnesi costituisce il nucleo originario, il punto di partenza da cui elaborare la narrazione clinica. Ma quest'ultima trascende sia l'una che l'altra comprensione.

Per una sua nozione riportiamo quanto dice Rita Charon1 che è il medico statunitense che ne ha delineato l'identità disciplinare:
“C'è ben poco nella pratica della medicina che non abbia aspetti narrativi, perché la pratica clinica, l'insegnamento, la ricerca sono indelebilmente marchiate dal raccontare, ricevere e creare storie. Il termine "medicina narrativa" mi parve una designazione unificante per definire una pratica clinica costituita dalla teoria e dalle pratica di leggere, scrivere, di-re, ricevere storie.” 2

Al centro del rapporto narrativo non c'è quindi la malattia (come nella Evidence Based Medicine) né il malato (come in una generica "umanizzazione" dell'approccio clinico) ma la storia di malattia cioè la malattia come vissuta dal paziente, la sua contestualizzazione esistenziale, le sue ripercussioni familiari, il suo vissuto, la reattività che instaura, ecc.

In tal senso è particolarmente significativa, nonché importante nell'approccio narrativo, la triplice distinzione che fa la lingua inglese nel definire la malattia come disease, illness e sickness.

• Disease. È il livello più elementare, biologico, quello della semplice patologia accessibile ai mezzi di indagine clinica e più o meno suscettibile di terapia.
• Illness. Potremmo definirlo, il "vissuto di malattia", la sua connotazione soggettiva per cui, come diceva un antico aforisma, esistono i malati non le malattie.
• Sickness. È la dimensione oggettivabile e sociale della malattia, quella che la connota in un contesto in cui il malato si colloca nel più generale ambito della “sanità”.

Forse potremmo dire che la medicina si occupa della disease, il medico della illness e la società della sickness. Ma sarebbe, in ogni caso, improprio e riduttivo voler separare questi tre aspetti che, pur essendo distinti sul piano della loro natura non lo sono nell'esperienza del paziente che ha una malattia oggettiva investigabile con i moderni strumenti della scienza medica, soffre della sua malattia e la vive interagendo con un contesto familiare, sociale, politico. Cosa può dare unità a questa triplice frammentazione? A mio avviso proprio la medicina narrativa in quanto la storia della malattia:
- è espressione di una sintomatologia espressa dal paziente e specifica del suo
modo di percepirla;
- esprime il suo complesso vissuto di infermità;
- lo contestualizza in una ben precisa collocazione ambientale.

Non si tratta solo di un necessario elemento conoscitivo per il medico perché è proprio dal racconto che inizia il processo di guarigione che comporta, ovviamente una forte componente di ascolto empatico. Come, ancora una volta, ci ricorda la Charon:
"Il processo di guarigione comincia quando i pazienti raccontano i sintomi o persino la semplice paura di una malattia innanzitutto a se stessi, poi ai propri cari e, infine, ai sanitari (…). Queste narrazioni, o patografie, come vengono spesso definite dimostrano quanto sia critico il raccontare il dolore e la sofferenza, abilitano il paziente a dar voce a ciò che stanno sopportando e a contestualizzare la malattia in modo da sfuggire al suo dominio. Senza l'atto narrativo del rac-contare e dell'essere ascoltati il paziente non può trasmettere a nessun altro - o a se stesso - ciò che sta attraversando. In modo più radicale ma egualmente vero, senza questi atti narrativi il paziente stesso non può comprendere ciò che i vari eventi della malattia significano".3

Il dossier che presentiamo vuole, quindi, presentare sotto ottiche e competenze diverse il tema della medicina narrativa declinandolo secondo ottiche e prospettive interdisciplinari e tra loro interagenti: le sue fondamentali implementazioni attuative, le peculiarità dell'età pediatrica, l'esperienza e i risultati di un approccio clinicamente quantificabile, le implicanze bioetiche, la sua totalizzazione in ambito psicanalitico, l'approccio antropologico, le sottostanti dinamiche psicologiche, le possibili opportunità di natura didattica.

Per una rivista, come "L'Arco di Giano" che fa delle medical humanities l'oggetto proprio della sua identità editoriale credo che un fascicolo dedicato alla medicina narrativa ben si collochi in tale specificità valorizzando la relazione di cura in una prospettiva di cui tutti sentono un forte bisogno ma che raramente viene attuata in modo adeguato e soddisfacente.


1 Rita Charon è medico, pedagogista e laureata in letteratura inglese. Ha quindi un bagaglio professionale e un iter curriculare particolarmente significativo per poter affrontare in chiave narrativa l’approccio clinico al paziente. Impegnata nei movimenti pacifisti ha anche un particolare spessore etico per evidenziare anche questa ulteriore valenza in tale prassi metodologica. Nel 2006 ha pubblicato il testo Narrative Medicine: honoring the Stories of illness (Oxford University Press, Oxford 2006) nel quale si delineano i fondamenti epistemologici e la prassi della medicina narrativa. Attualmente è docente di Medical Humanities alla Columbia University.
2 R. Charon, Op. cit. pp. vii-viii.
3R. Charon, Op.cit., pp. 65-66.

di Salvino Leone

 

 

 

Area abbonati