Editoriale L'Arco di Giano 67 anno 2011

EDITORIALE L'ARCO DI GIANO n° 67 - 2011

           
freccetta INDICE freccetta EDITORIALE freccetta AUTORI



Mangiare fra natura e cultura


N° 67 primavera 2011


 

Alcune malattie sono diventate il simbolo di un secolo o di un periodo della storia. La malaria come malattia fondamentale nell’antichità greca e nell’Impero romano. La lebbra e il tifo nel Medioevo. La peste e il Seicento. La tubercolosi e la sifilide che dominano la cultura dell’Ottocento. Il cancro e l’AIDS come le grandi paure del Novecento. In una qualche misura ciascuna di queste età è diventata impensabile senza quella malattia. La tubercolosi era una malattia soprattutto dei poveri. Ma i luoghi nei quali quella malattia veniva curata acquistarono una sorta di fascino quando nei sanatori si riunirono persone appartenenti alle fasce più alte della popolazione. In quei luoghi convivevano uomini e donne in qualche modo costretti a trascorrere molto tempo leggendo, scrivendo o conversando. La cultura personale si amplia, si affina l’intelligenza, si risvegliano sensazioni, sentimenti ed emozioni particolari, si instaurano rapporti che non sono possibili (o appaiono come “falsi”) nel mondo delle affaccendate persone sane. Si diffonde anche la tesi che una dose elevata di tossiemia tubercolare valga a stimolare le capacità e le prestazioni erotiche. La designazione di mal sottile non è solo una metafora. Novalis pensava che quel male sottile avesse la capacità di sublimare le esperienze della vita e consentisse di «capirla nella sua globalità». Per finire: nessuno si sognerebbe di qualificare un lazzaretto un luogo d’incanto e di magia, ma la montagna in cima alla quale è collocato un grande sanatorio poté essere percepita e vissuta come una montagna magica o incantata.
La sifilide, ai suoi esordi, si presentò in forma acuta e mortale. Assunse più tardi una forma subacuta e subcronica. Finì con l’accompagnarsi all’immagine, non priva di aspetti insieme inquietanti e fascinosi, del noto binomio “genio e sregolatezza”. Basta far riferimento a pochi nomi di persone reali e del personaggio di un dramma: Benvenuto Cellini, Schubert, Maupassant, Baudelaire, Nietzsche, Osvaldo (che domina la scena ne Gli spettri di Ibsen). Non è mancato chi ha visto in quella malattia una sorta di tratto distintivo dell’uomo geniale o dell’uomo che è “fuori del comune”.
Quando crollano gli argini che strutturano l’io e che consentono di mantener ferma la distinzione fra io e mondo, parliamo di io diviso o di schizofrenia. Nella labilità che deriva dalla “crisi della presenza”, si apre, nel teatro di Pirandello, la possibilità di una rivelazione. Almeno ad alcuni è possibile distinguersi da «coloro che si ingannano», «scoprire il gioco», superare il piano delle «misere apparenze», affacciarsi – sia pure «di tratto in tratto» – all’indicibile e sconvolgente verità della vita. Come per alcuni, molto più tardi teorici dell’eccezionalità della dimensione della follia, in quegli attimi – anche per Pirandello – si poteva vedere «in se stessa la vita». Nel mondo della psichiatria (o meglio nel mondo della cosiddetta antipsichiatria) ci si è spinti, su questo terreno, molto più avanti di Pirandello. In un libro che ebbe grande fortuna (anche presso psichiatri) Ronald Laing presentò il viaggio «nel tempo mitico ed eterno della follia» come un rimedio all’insostenibilità del presente e come una via d’uscita verso l’essere, l’autenticità, la verità.
Oggi non c’è solo il riconoscimento degli elementi positivi che sarebbero presenti in alcune patologie. Oggi alcuni disturbi del comportamento alimentare vengono fatti oggetto di vera e propria propaganda. Fra i nomi compresi in un elenco di Pro-Ana Supportive Sites compaiono (o comparivano, perché vari siti sono stati chiusi) i seguenti titoli: Fat like Me, Fragile Innocence, Nothing Gonna Stop Me, Pursuit of Perfection, Salvation through Starvation, Starving for Perfection, Food is Evil e così via. A questi siti (molti dei quali si limitano a un titolo) viene attribuito il nome di Anorexia pride websites ovvero siti dell’orgoglio anoressico. I disturbi del comportamento alimentare non dipendono certo solo dalla cultura, ma hanno indubbiamente a che fare con la cultura, con i modi di vivere, con i modelli di comportamento.
Tutti i saggi qui pubblicati affrontano anche questo tema. Quello di Paolo Rossi presenta il tema del mangiare (sul quale sta scrivendo un libro) come rapporto tra natura e cultura e si sofferma sul rapporto tra anoressia e mondo della moda. Il saggio di Laura Dalla Ragione ci parla di una vera e propria epidemia sociale e mostra come alla diffusione di questi disturbi si accompagnino importanti modificazioni delle loro caratteristiche psicopatologiche. Le sindromi più frequenti si allontanano dai quadri classici. Si estendono ai maschi disturbi che sembravano quasi esclusivamente femminili. Emilio Franzoni e Leonardo Sacrato ci parlano della estensione dei disturbi del comportamento alimentare all’età infantile e dei problemi connessi a tale estensione. Simonetta Marucci analizza la tensione tra piacere e prudenza che, nei paesi dove il cibo è più abbondante, ha condotto a trasferire sul cibo una serie di tabù che erano tipici della sfera sessuale. Alessandro Catucci analizza il tema del digiuno in quanto collegato a luoghi o fasi di passaggio. Il digiuno dell’anoressica, frequente nella fase di separazione dal mondo dell’infanzia e di individuazione dell’adolescente è estremamente suggestivo di confronti con i digiuni di altri riti di passaggio.

di Paolo Rossi e Laura Dalla Ragione

 

 

 

Area abbonati