EDITORIALE L'ARCO DI GIANO n° 55 - 2008

           
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Arco di Giano


L'errore in medicina


N° 55 - primavera 2008


 

Dal punto di vista generale della filosofia della scienza, la considerazione dell’errore comporta spesso il rilievo di aspetti positivi. Pensiamo, per esempio, che molte epistemologie del Novecento, per lo più ispirate a un modello evoluzionistico, hanno fatto dell’errore un elemento fondamentale di crescita della conoscenza. Il filosofo austriaco Karl Popper ci ha insegnato che il metodo della scienza consiste nell’imparare dagli errori in modo sistematico; il che vuol dire non solo che noi dobbiamo atteggiarci criticamente nei confronti delle nostre teorie in modo da “provocarle” fino a che non rivelano gli errori compiuti, ma anche che è dovere di uno scienziato che pretenda di esser tale (nel senso onorifico che l’attributo “scienziato” comporta) azzardare, osare ipotesi audaci, e dunque rischiare di incorrere in errori. Anche Gaston Bachelard, in un linguaggio che ci ricorda da vicino il modo in cui Hegel considera il movimento essenziale del pensiero, scrisse che “l’errore è una delle fasi della dialettica che bisogna necessariamente attraversare [giacché] dà origine a indagini più precise ed è l’elemento motore della conoscenza”

Tutto ciò in astratto può anche costituire un modello che dà conto con buona approssimazione di come avviene, in genere nella lunga durata, il cambiamento teorico nella scienza. Ma non ci lascia certo soddisfatti relativamente a una considerazione specifica del problema dell’errore. Restano i quesiti intorno alla tolleranza dell’errore, non soltanto quando è in gioco la vita umana, come in medicina, ma in generale in ogni ambito di ricerca, dal momento che la ricerca comporta sempre allocazione di risorse e dunque dispendio di energie umane e di finanze. E non solo; come ci ricorda Crupi nel suo contributo qui raccolto, se negli aspetti della vita quotidiana che hanno a che fare con l’organizzazione e l’applicazione tecnologica e scientifica dovessimo tollerare un margine di errore dello 0,1%, “avremmo due atterraggi a rischio al giorno nel solo aeroporto O’Hare di Chicago, e ogni ora ci sarebbero 16.000 recapiti postali falliti e 32.000 assegni bancari prelevati dal conto sbagliato”. È proprio vero: la nostra vita organizzata in base alle nostre conoscenze più avanzate, in quella che pure è stata definita l’èra del probabile e dell’incertezza, paradossalmente tollera sempre meno l’approssimazione e l’errore.

Il caso della medicina come pratica, e non tanto come ricerca biomedica, diventa esemplare relativamente ai problemi della tolleranza dell’errore, come anche di una definizione in cui si stabiliscano le condizioni e i criteri di valutazione dell’errore nei diversi contesti in cui esso si presenta. Ma che cos’è un errore in medicina? Sappiamo, intuitivamente, che lo scambio di etichette su provette di sangue che ha provocato un caso di sieropositività drammaticamente verificatosi di recente nell’Ospedale fiorentino di Careggi è stato un errore. Ma di chi? Esiste soltanto una responsabilità personale o anche una responsabilità dell’istituzione? Si tratta di un errore individuale o di sistema? E poi. Nel caso citato, si danno le condizioni generali di individuazione di un errore: che ci sia, e sia applicabile nella situazione data, un criterio condiviso di giudizio. Ma quando, per esempio, si commettesse un errore (nel senso della cattiva riuscita di un’operazione) nell’ambito della chirurgia sperimentale o si commettesse un errore di diagnosi in una situazione di palese condizione di incertezza? Quale criterio generale ci consente di parlare di errore? E quale teoria del diritto ci garantisce un adeguato accertamento e trattamento delle responsabilità relative?

Da qualche tempo questi argomenti sono al centro di interessanti trattazioni anche in Italia. Merita ricordare l’imprescindibile prospettiva aperta dal libro a cura di Vincenzo Crupi, Gian Franco Gensini e Matteo Motterlini su La dimensione cognitiva dell’errore in medicina Milano, FrancoAngeli, 2006), dove si dà particolare risalto a uno degli aspetti meno considerati dell’errore: il fatto che almeno un sesto degli errori medici si verifica nel sintetizzare le informazioni disponibili o nelle decisioni e nelle azioni che dovrebbero esser prese in base a quelle informazioni. A tale aspetto, che comporta conoscenze e una parallela sperimentazione nell’ambito delle scienze cosiddette cognitive, insieme a conoscenze nell’ambito della teoria delle decisioni e nella teoria del ragionamento corretto, si aggiungono, non certo secondari, gli aspetti che riguardano le dimensioni morali delle diverse scelte e azioni in cui si verifica un errore e delle loro conseguenze dal punto di vista giuridico (una scelta può essere “tecnicamente” non sbagliata, nel senso che consegue coerentemente da premesse conoscitive corrette, ma può essere considerata eticamente un errore; così come un errore tecnico o quello che consideriamo uno sbaglio dal punto di vista morale possono non risultare tali per la giurisprudenza).

Di tale rilevanza e di tale complessità del problema dell’errore in medicina abbiamo qui cercato, sia pur parzialmente, di dare un’idea raccogliendo autorevoli voci che ne discutano i risvolti epistemologici (Giaretta-Federspil), cognitivi (Crupi), giuridici e morali (Rabitti-Ricciardi e Leone), metodologicoolistici (Delvecchio-Bettineschi) e ne tocchino alcuni interessanti aspetti storici (Baldini-Malavasi).

Alessandro Pagnini

 

 

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